AROLDO MARINAI
Dirty old man

“Lo scorso inverno mi sono fatto prendere da un piacevole entusiasmo per un brano rock and
roll di Elliott Murphy, una vera rock star ormai di stanza a Parigi, non un ragazzetto dunque, una
delle ultime rock star diciamo, anche se poi sono sempre ultime e ce n’è a centinaia.
Il suo pezzo s’intitola Dirty Old Man, e chiaramente era ispirato dal – e dedicato al - vecchio grande
scrittore, in odore di maledettismo ormai trapassato, Charles Bukowski (l’America adora i bad
boys, gli artisti fuori dalle righe, come anche noi europei, del resto, ma noi ne produciamo meno,
e poi non possiamo più imporli sul mercato – perché sempre di mercato si tratta, alla fine).
Il pezzo in questione cominciava con colpi di tosse vomitevoli, e raccontava: mi sveglio dopo
mezzogiorno e m’incammino verso il bar, mi chiedete perché vado a piedi, ma è perché non
ricordo dove ho parcheggiato la macchina. E via raccontando che la sua faccia è segnata come
una vecchia mappa stradale, ma le troie con cui si accompagna le chiama sempre “ladies”, e
ne ha avute così tante che neanche Don Giovanni però dice anche che ubriaco e distrutto come
sono continuo a scrivere, sembra un miracolo ma è vero. E se ci stai, dice di volta in volta alla
sua accompagnatrice scrivo anche di te.
Un grande personaggio. L’abbiamo amato, in Europa, ma ce lo siamo quasi dimenticato. E allora
mi è venuta la voglia di provare a resuscitarlo, insieme a tutta la serie di storie e leggende
che bordeggiano le cose da non dire o non accettare. Queste cose se non le fa uno scrittore o
un pittore chi deve farle?

Aroldo Marinai


Aroldo Marinai trae ispirazione da diversi elementi per farli confluire meditatamente nelle otto
pitture su tela riunite sotto il titolo Dirty Old Man.
Due in particolare sono i motori che animano questo lavoro: Elliott Murphy e Charles Bukowski.
Il ciclo di Dirty Old Man, il “vecchio bavoso”, respira infatti tutta l’acredine e la seducente
durezza dei celebri testi di un autore spesso irriverente come Bukowski – eroe eccessivo delle
pagine degli anni ’70 (Donne, Taccuino di un vecchio sporcaccione, Post Office, Storie di ordinaria
follia, Compagno di sbronze,…) per andare a analizzare un tema che può risultare spesso
difficile come quello dei problemi legati all’inurbamento cui siamo costretti nella città dei
nostri giorni. Si vuole così indagare la metropoli in tutto il suo divenire. In particolare Marinai
volge lo sguardo a quella brulicante folla che ogni giorno (e notte) anima le strade cittadine,
agli incontri, gli abbandoni e tutte le storie che si intrecciano, una vita quindi che si può rivelare
a tratti molto umana e disumanizzante allo stesso tempo.
A ben vedere queste tele potrebbero ricordare le atmosfere “malate” di Balthus, con le mutandine
bianche delle bambine che occhieggiano dalle vesti in disordine, ma anche per la
sensibilità e la partecipazione compassionevole. Sesso, alcol e solitudini si mischiano fino a
confondersi nelle tele ponendo al centro del lavoro la durezza di un esistere che può arrivare ad
essere addirittura pornografia, ma in cui resta sempre un sottofondo di empatia e gentilezza.

Carolina Orlandini